Presentazione del libro ITINERARIO della MEMORIA

Sabato 14 maggio 2011 è stato presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino il libro ITINERARIO della MEMORIA realizzato a cura di Bruna De Paula e Paolo Paoletti con il patrocinio delle Camere del Lavoro CGIL di Avellino e di Alessandria e della Fondazione "Bruno Trentin". La prefazione è di Guglielmo Epifani, presentazione di Danilo Rapetti, Sindaco di Acqui Terme.







Mario De Prospo
Alla presentazione di Torino, moderata da Mario De Prospo ricercatore di Storia Contemporanea all'Università di Napoli, sono intervenuti:

Bruna De Paula, vice presidente dell'Associazione "Mediterraneo", curatrice del libro con lo storico Paolo Paoletti
Bruna De Paula

Gianni Marino, Direttore dell'Archivio Storico della Camera del Lavoro CGIL di Avellino











Mario Buzzi, della Segreteria della Camera del Lavoro CGIL di Alessandria













Ha concluso la presentazione Vincenzo Scudiere, della Segreteria Nazionale della CGIL











Tra il pubblico presente: Mario Gelera, Presidente della sez. di Torino dell'Associazione Divisione Acqui; Costantino Ruscigno, Presidente della sez. di Milano dell'Associazione Divisione Acqui e Vincenzo Petruziello, Segretario della Camera del Lavoro CGIL di Avellino.
La presentazione si è arricchita, a sorpresa, delle testimonianze d'eccezione di Cesare Ronchetto, torinese, nel settembre 1943 addetto ad una batteria contraerea italiana che presidiava Cefalonia miracolosamente scampato al massacro, e di Gisella Giambone, figlia del martire della Resistenza Eusebio Giambone, confinato politico in Irpinia a San Sossio Baronia.


Questo l'intervento del nostro vicepresidente Bruna De Paula:

Vi porto il saluto del Presidente dell’Associazione “Mediterraneo”, Dott.ssa Clotilde Perrotta, e di tutti i nostri soci. La nostra è un’associazione culturale italo-greca, con sede a Cefalonia, il cui scopo principale è la solidarietà tra i membri e, più in generale, tra il popolo italiano e quello greco, ed il consolidamento delle relazioni tra i due popoli. Nel 2001 abbiamo allestito un piccolo museo dedicato ai tragici fatti avvenuti a Cefalonia durante la II guerra mondiale. Ovviamente abbiamo allestito il museo perché riteniamo fermamente che la Memoria di guerra generi Pace.
Il motivo principale che mi ha spinto a realizzare una guida alle località di Cefalonia, legate alla memoria delle stragi dei militari italiani, scaturisce dalla continua richiesta in tal senso da parte dei visitatori, soprattutto italiani, del nostro piccolo museo fin da primi anni di apertura. Da subito, quindi, sentivo l’esigenza e la necessità di realizzare una guida corredata sia di cartine stradali e di fotografie che di un testo documentato. Nessuno di noi era, naturalmente, in grado di concretizzare una cosa del genere, non essendoci tra noi alcuno storico né cartografo. Siamo quindi enormemente grati a Paolo Paoletti, ricercatore, storico e socio onorario della “Mediterraneo”, che ha voluto aiutarci in questo progetto, offrendoci tutta la sua conoscenza e documentazione acquisita in tanti anni di ricerche sui fatti avvenuti a Cefalonia durante la II Guerra Mondiale.
Per la cartografia, invece, ci siamo dovuti accontentare della sottoscritta. Grazie alla mia professione (sono architetto) ho almeno dimestichezza con mappe topografiche e planimetrie. Ovviamente non è solo per la competenza tecnica che ho curato l’itinerario insieme a Paolo Paoletti: ho anche alle spalle 10 anni di “volontariato della Memoria”. La Storia non è la mia professione ma prima l’allestimento del piccolo museo di Cefalonia per l’Associazione “Mediterraneo” e poi la lettura di un cospicuo numero di testi scritti sull’eccidio di Cefalonia, per il suo costante aggiornamento in questi anni, e l’aver ascoltato i racconti di tanti testimoni oculari sia greci che italiani mi hanno fornito “sul campo” una competenza anche storica, seppur limitata ai soli eventi di Cefalonia durante II Guerra Mondiale.
C’è una questione che mi preme sottolineare riguardo all’Itinerario della Memoria. Essendo una guida alle località delle stragi il nostro interesse era rivolto esclusivamente ad indicare i percorsi e le strade per raggiungere i campi, gli uliveti, le cave e i muretti dove sono avvenute le fucilazioni e NON il numero dei Caduti. Il motivo che personalmente mi spinge dal 2000 ad impegnarmi per mantenere viva e trasmettere la Memoria degli eventi di Cefalonia non è assolutamente legato ad una questione “numerica”, bensì all’inaccettabile violazione del diritto internazionale e dei diritti umani avvenuta nella nostra isola: dei prigionieri di guerra, quindi “sacri” secondo il codice di guerra, sono stati uccisi spesso a tradimento e a sangue freddo e allo stesso modo sono stati uccisi centinaia di civili greci. Anche in guerra, invece, esistono delle regole, delle convenzioni che andrebbero rispettate, ma a Cefalonia ciò non è avvenuto.
Molte sono state le difficoltà incontrate nel redigere l’Itinerario della Memoria. Prima di tutto sono passati troppi anni e i testimoni, sia italiani che greci, ancora in grado di dare informazioni valide sono ormai molto pochi e comunque la memoria a distanza di anni finisce con l’essere “elaborata” e in qualche modo trasformata o integrata inconsapevolmente con quanto letto o ascoltato da altri. Di conseguenza ci siamo dovuti basare soprattutto sulle testimonianze scritte, come quelle riportate nei Decreti di Archiviazione della Procura di Monaco di Baviera, del 27 luglio 2006, e di quella di Dortmund, dell’8 marzo 2007, il che ha portato ad un’altra difficoltà quella legata alla lingua perché molti nomi di località, riferite dai testimoni sia italiani che tedeschi, non corrispondevano ai nomi in greco.
Una delle nostre fonti è stata anche la relazione di don Luigi Ghilardini, redatta quando fu inviato a Cefalonia dal Ministero della Difesa nell’ottobre del 1948 con la Missione Militare italiana. Il problema però è che don Ghilardini, non aveva tra le sue priorità quella di indicare le località delle stragi, che personalmente ben conosceva, bensì la ricerca e la raccolta dei resti mortali per la loro definitiva sepoltura. Quindi anche le sue relazioni spesso non sono state di grande aiuto per l’individuazione precisa delle località.
Un’altra grande difficoltà incontrata è stata causata dal fatto che in seguito al distruttivo terremoto dell’agosto 1953 interi paesi furono ricostruiti in altre posizioni, anche se poco distanti dalle precedenti, oppure furono completamente abbandonati e non ne esiste più traccia. Ad Argostoli, il capoluogo di Cefalonia, anche il tracciato stradale fu completamente stravolto con la ricostruzione post terremoto. Per nostra fortuna però, nel 1948, iniziarono i rilievi per la stesura di un Piano Regolatore della città, che fu pubblicato nel febbraio del 1953, e all’Ufficio Tecnico Urbanistico di Argostoli sono conservate quasi tutte le planimetrie che abbiamo potuto consultare e fotocopiare. Solo così, infatti, è stato possibile stabilire con certezza dove si trovavano alcuni edifici della città nel 1943.
Il primo itinerario della guida è proprio quello che si riferisce alla città di Argostoli dove, oltre ad aver riportato la posizione di alcuni edifici dell’epoca noti a molti perché riportati in diversi testi, ne abbiamo individuati molti altri sia di interesse generale sia legati alle vicende degli italiani come, ad esempio, la Centrale elettrica e quella idrica, la vecchia segheria e poi il Teatro estivo Apòllon, distrutto durante i bombardamenti tedeschi e mai ricostruito nonostante le promesse di aiuto da parte italiana. Il Presidente Sandro Pertini il 30 novembre del 1980, durante il suo discorso tenuto in occasione della sua visita a Cefalonia, ricordò che un ministro del Governo italiano di allora ne aveva promesso la ricostruzione, come una sorta di risarcimento da parte italiana, fatto mai avvenuto (precisamente disse: «Ho preso un impegno con il Sindaco e con Lei, Signor Ministro ‘Averoff, che mi adopererò presso il governo italiano – il Presidente della Repubblica italiana non ha i poteri che ha il mio amico carissimo Karamanlis, uomo molto intelligente ed equilibrato – però io interverrò ugualmente presso i governanti del mio Paese, perché quando un Ministro promette e poi non mantiene, io ho uno strumento dalla mia parte: non firmo i suoi provvedimenti, e quindi la promessa che io ho fatto al Sindaco [di] aiutarvi a ricostruire il teatro distrutto dai fascisti sarà mantenuta. Vi aiuteremo a ricostruire il teatro o l’ospedale, o l’uno o l’altro, meglio se tutte e due, vedremo.»).
Nella guida abbiamo indicato altri 5 itinerari e per tutti abbiamo ipotizzato come punto di partenza Argostoli. Come ha scritto Paolo Paoletti nella sua introduzione: “Per gli italiani tutta Cefalonia dovrebbe diventare un’isola della memoria. Non solo la terraferma ma anche il mare” non dobbiamo dimenticare, infatti, che a pochi metri dalla costa, a Capo Lardigò, giace sul fondo del mare il relitto della nave Ardena, nel cui affondamento, avvenuto il 28 settembre del ’43, morirono 720 militari italiani prigionieri e recentemente, nell’agosto del 2009, una spedizione subacquea italiana ha fotografato e filmato i loro resti mortali, che sono lì da 68 anni ad appena 28 metri di profondità ma - in base al codice del Commissariato Generale alle Onoranze ai Caduti in guerra del Ministero della Difesa - il mare è ritenuto una degna sepoltura, quindi quei corpi resteranno nel mare di Cefalonia per sempre.
Per alcune località abbiamo potuto solo indicare il nome del paese dove gruppi di italiani sono stati uccisi, ma non sappiamo il punto esatto in cui avvenne, come ad esempio a San Costantino dove secondo la relazione del procuratore di Dortmund furono uccisi 26 ufficiali a cui furono tolti i piastrini di riconoscimento. In altri casi, invece, siamo potuti essere molto precisi, come a Troianata dove esiste ancora lo stesso muretto a secco contro cui si ammassarono gli italiani in cerca di fuga mentre venivano mitragliati, oppure a Faraklata dove c’è ancora l’ulivo con la croce in memoria dell’impiccaggione, in questo caso di un cefaliota, Anghelos Kostandakis, la cui famiglia aveva aiutato e salvato Amos Pampaloni dopo la sua fucilazione. Abbiamo indicato come raggiungere le trincee di Prokopata, le postazioni della Regia Marina a Faraò, i bunker tedeschi di Capo Munda, all’estremo sud dell’isola. dove ci fu una sanguinosa quanto inutile battaglia e dove furono uccisi a sangue freddo gli italiani feriti sul campo di battaglia, poi il Ponte Kimonikò che gli italiani cercarono di riconquistare in una battaglia che durò tre giorni e dove è ancora visibile una svastica con la data “1943”, incise nella pietra di uno dei piloni.
C’è da dire che nell’Itinerario della Memoria abbiamo segnalato solo quelle località raggiungibili in auto ma ce ne sono anche altre, sulle colline, come la postazione della batteria di artiglieria del cap. Amos Pampaloni in località “Due Mulini”, raggiungibili solo a piedi che non abbiamo ritenuto opportuno segnalare. Magari lo faremo nella prossima guida!
Bruna De Paula, durante il suo intervento
Costantino Ruscigno legge il brano conclusivo di Bandiera bianca a Cefalonia 

Permettetemi di ringraziare chi ci ha aiutato nella realizzazione dell’Itinerario della Memoria e sono tanti: innanzitutto gli amici della CGIL di Avellino, ed in particolare Gianni Marino, ai quali si sono uniti gli amici di Alessandria, con i quali talaltro stiamo pensando di realizzare un vero e proprio itinerario sul campo. Un doveroso ringraziamento va a Gugliemo Epifani che ha voluto scrivere la prefazione, poi vogliamo ringraziare chi ci ha aiutato a individuare molte delle località indicate nel itinerario: prima di tutti padre Severino Trentin, già Parroco della Chiesa cattolica di Argostoli, che da alcuni anni è ritornato in Italia ed al quale ho scritto una mail per informarlo della presentazione, ma purtroppo non è potuto venire; poi Mario Gelera, figlio e nipote di Caduti, presidente della sezione di Torino dell’Associazione Divisione Acqui , che è anche socio onorario della nostra associazione e stasera è qui con noi; da ringraziare i testimoni i cui nomi leggerete nel libro e ci scusiamo se possiamo aver dimenticato qualcuno, infine da ringraziare sono tutti i soci della Mediterraneo. È grazie a loro ed al loro volontariato se, da 10 anni, abbiamo potuto aprire il museo almeno nel periodo estivo quando c’è maggiore afflusso di visitatori. Senza di loro non ci sarebbe né il museo di Cefalonia né sarebbe stato possibile scrivere l’Itinerario della Memoria. Il mio ringraziamento particolare va poi a due persone che in questi anni mi hanno fornito informazioni e documentazioni: sono un sopravvissuto italiano che vive in Slovenia e un tedesco che vive in Italia. Si tratta di Elio Sfiligoj, più volte citato nel testo dell’itinerario e Manfred H. Teupen che considero il mio archivio personale. Infine vorrei ringraziare tutti voi che siete intervenuti oggi alla presentazione e so che alcuni sono venuti anche da altre città, come gli amici di Avellino, e vedo anche alcuni rappresentanti dell’Associazione Divisione Acqui della sez. di Milano come Wally e Ilario Nadal e poi il presidente Costantino Ruscigno, il cui padre Nicola, uno degli 36 ufficiali sopravvissuti alla strage di San Teodoro, ha inaugurato, il 1° luglio 2001, il nostro piccolo museo di Cefalonia. Auspicando che si avveri quanto scritto dal Sindaco di Acqui Terme, Danilo Rapetti, e colgo l’occasione per ringraziare anche lui per aver voluto scrivere la presentazione del nostro libro, spero di vedervi presto tutti a Cefalonia per ripercorrere realmente i 6 itinerari proposti.
Per concludere vorrei leggervi un brano del libro di Marcello Venturi (+2008), Bandiera bianca a Cefalonia, pubblicato la prima volta nel 1963 e tradotto in ben 14 lingue, è un brano che facevamo leggere al Monumento di Cefalonia agli studenti che parteciparono al programma “Cefalonia 2003: isola della pace” al cui convegno intervenne anche Marcello Venturi. Con questo brano si conclude il suo libro e rispecchia un po’ quello che provai anch’io quando 21anni fa vidi per la prima volta Argostoli ma, contrariamente a quanto ha scritto Marcello Venturi, devo dire che chi come me vive a Cefalonia non può dimenticare quanto è successo durante la II Guerra Mondiale, si convive, questo si, e si può superare, ma solo ricordando e trasmettendo la Memoria nella speranza che i fatti avvenuti nella nostra splendida isola non si ripetano più.
Questo è il brano conclusivo di "Bandiera bianca a Cefalonia" (letto da Costantino Ruscigno, il cui padre Nicola, sopravvissuto alla strage degli ufficiali a San Teodoro/Casetta Rossa, ha inaugurato il nostro piccolo museo il 1° luglio 2001):
"Era una serata perfetta, e Argostoli mi appariva del tutto diversa dalla città spenta del mio arrivo, dalla città squallida che avevo visto quello stesso mattino. Mi sembrava diversa l'isola intera; diverso il golfo, che respirava tranquillo di là dal perimetro degli edifici.
Eppure, pensai, la Casetta Rossa c'era, laggiù, pochi chilometri fuori Argostoli. C'erano il cimitero degli italiani, i pozzi marini, le fosse. C'erano, dappertutto, i ricordi e le presenze di una strage che neppure il terremoto era riuscito a cancellare completamente.
C'era, sempre in agguato, il terremoto. Com'era possibile, mi chiesi, dimenticare, anche per una sola serata, che Cefalonia la morte se la conservava e la covava nel proprio seno?
Era possibile abituarsi alla morte, fino a dimenticarla?
… Sì, era possibile; era anche giusto, che fosse così, mi dissi, guardando quei volti di gente anonima attorno a noi. Ciascuno, mi dissi, la morte se la porta addosso dalla nascita; vi si abitua fino a dimenticarsene. Era giusto, mi ripetei, che la vita e la morte si fondessero, annullando i propri confini e la memoria di sé.

Come a Cefalonia, esattamente come stava accadendo stasera davanti ai miei occhi."