Intervento di ISABELLA INSOLVIBILE alla presentazione dell'ITINERARIO della MEMORIA

da sx: Mario De Prospo, ricercatore dell'Università di Napoli ; Isabella Insolbibile e Vincenzo Petruzziello, segretario della CGIL di Avellino
Intervento della Dott.ssa ISABELLA INSOLVIBILE, ricercatrice, autrice di studi su Cefalonia e la resistenza dei militari italiani in Grecia, alla presentazione del libro ITINERARIO DELLA MEMORIA a cura di Bruna De Paula e Paolo Paoletti, ed. Mephite, patrocinato dalle Camere del Lavoro Territoriali di Alessandria e di Avellino, dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro e dalla Fondazione “Bruno Trentin”, tenutasi presso il Circolo della Stampa di Avellino il 13 luglio 2011

«Cefalonia è un luogo simbolico, ma anche molto concreto, della memoria. È, anche, un luogo che riunisce, e in un certo modo riappacifica, le quattro anime della resistenza, le “resistenze”, così come recentemente definite da Giorgio Rochat: la resistenza dei partigiani, la resistenza dei militari, la resistenza delle forze armate regolari, la resistenza degli internati militari. Quattro anime tese verso un unico e onnicomprensivo obiettivo, quello della Liberazione dell’Italia e dell’Europa dal dominio nazista e fascista, in cui si possono riconoscere i vari aspetti della lotta dei soldati della Divisione Acqui a Cefalonia nel settembre 1943.
I luoghi della memoria sono importanti, e non solo per chi sopravvive – i reduci, le famiglie dei caduti e dei superstiti –, ma per un’intera comunità nazionale, che in un caso del genere si può fare (e si fa grazie all’impegno dell’Associazione Mediterraneo) sovranazionale, e quindi europea.
I musei sono importanti luoghi di memoria. Tra l’isola di Cefalonia e l’Associazione Mediterraneo si è sviluppato fin dall’inizio un vicendevole scambio: l’isola e la storia – italiana, ma non solo – della Divisione Acqui hanno offerto a questa valorosa e volenterosa associazione il “luogo”, il territorio in cui la storia si svolse e la memoria si è evoluta e si evolve;
l’Associazione, nata dal e nel luogo, ha trasformato quest’ultimo in un museo vivente, inteso come luogo della memoria che racchiude in sé, come ha scritto Epifani, decine di luoghi della memoria, per quanto possibile elencati, “conservati” e quindi “curati”, in questo Itinerario, nella consapevolezza, come ha scritto Paoletti, che “è incontestabile che la strage di Cefalonia è fatta dai grandi numeri di Troianata e Kardakata, ma soprattutto dalle innumerevoli piccole cifre delle tante esecuzioni sommarie rimaste senza testimoni e senza un segno dei posteri” (p. 28)
Una strage lunghissima, come ci ricorda lo studioso, durata ben 12 giorni; una strage “diffusa”, sparpagliata in centinaia di località diverse, spesso oggi scomparse o non individuabili. Ma quello che si può ricostruire è stato recuperato, e questo solo grazie allo sforzo dei nostri due autori.
Nonostante le promesse mancate – chiara, netta e probabilmente necessaria la recriminazione di Paoletti – delle autorità politiche, militari e civili che si sono succedute nella storia dell’Italia repubblicana (dai governi nazionali alle più piccole amministrazioni comunali, dalle associazioni reducistiche alle gerarchie militari), è stato lo sforzo, spesso improbo, di singoli cittadini – o, perlopiù, cittadine, e questo prova ancora una volta che sono le donne il vero motore del cambiamento e delle possibilità – italiani e greci a permettere che questo scambio, che ha del “miracoloso”, tra il luogo, la storia e la memoria, diventasse possibile.
Da qualche anno, in Italia e all’estero, si assiste alla diffusione di un nuovo tipo di turismo, definito dagli esperti “turismo della memoria”. Bartoletti ha scritto: “Il passato, nella sua varietà, si offre come esperienza, come un prodotto da consumare. Ma, in qualche modo, il passato si fa presente, e la rievocazione non è solo un fatto nostalgico, ma una riflessione sul presente, mediata da immagini del passato, più o meno fantasiose. […] Nelle società che hanno qualche problema con le loro radici (e quindi con il loro futuro, non tanto con il loro passato) proliferano le ricerche degli antenati” (http://lamemoriadellecose.wordpress.com/category/turismo-della-memoria/).
La stessa studiosa ha definito i musei “luoghi in cui la decisione di cosa ricordare (e cosa dimenticare) si prende consapevolmente. Una vera e propria politica della memoria. E si decide anche il significato di quello che si ricorda (o almeno ci si prova)”(ibidem). In questo caso – ed è uno dei pochi – si tratta di una politica della memoria positiva.
Fu Marcello Venturi, in realtà, a indicare per primo, in una forma romanzesca ma talmente verosimile da costituire un punto di riferimento imprescindibile anche per gli studi storici più strettamente scientifici, la possibilità di percepire Cefalonia come “meta di ritorno” nel percorso di ricostruzione di identità familiari e comunitarie spezzate dalla guerra.
Il protagonista di Bandiera bianca a Cefalonia (edito nel 1963 e più volte ristampato, tradotto in 14 lingue), protagonista romanzesco ma riconoscibile in ognuno dei figli e poi dei nipoti delle vittime e dei superstiti di Cefalonia, si reca nell’isola per ricostruire la storia della tragica morte del padre, ufficiale della Acqui fucilato dai tedeschi. Quel viaggio è un “viaggio di ritorno”, un percorso all’indietro che restituisce identità, la quale, sia a livello personale e familiare, sia a livello comunitario, non è qualcosa di automatico ma, piuttosto, qualcosa che si crea, si costruisce, si recupera, e poi si conserva e cura. Come un museo.
Quasi una decina di anni fa, in un convegno tenuto a Cefalonia in occasione del 60° anniversario dei fatti del settembre 1943, parlammo della necessità di istituire nell’isola un museo-laboratorio che divenisse punto di riferimento degli studi relativi alla resistenza dei militari italiani all’estero e della lotta di Liberazione in generale.
Nonostante le molte promesse, scarso o totalmente inesistente è stato l’aiuto offerto dalle varie personalità all’Associazione Mediterraneo per la realizzazione di tale ambizioso progetto. Oggi, a distanza di anni, mi rendo conto che quel laboratorio di cui si parlava c’era già, ed era l’isola stessa, compreso il piccolo ma importantissimo museo gestito dall’Associazione.
E, tuttavia, un laboratorio del genere, necessitava di strumenti e attrezzature che, per evitare la mercificazione della memoria, trasformassero il “turismo della memoria” in “turismo motivato”(come lo ha ben definito Mauro Passarin dell’Istituto della Resistenza di Vicenza, http://www.iborderline.net/rifugi-culturali/2010/06/percorrendo-i-luoghi-della-memoria-1/), in un’occasione di approfondimento e ricerca, sia per i parenti degli uomini della Acqui sia, se non soprattutto, per gli studiosi e gli studenti che avessero visitato Cefalonia come luogo della memoria.
Oggi possiamo dire che il fondamentale, nonché il primo, di questi “strumenti”, ha visto finalmente la luce, e questo grazie, ancora, all’Associazione Mediterraneo, soprattutto a Bruna De Paula e Paolo Paoletti. Grazie anche alla CGIL che, direi giustamente, come ben chiarisce, ancora, Epifani nell’Introduzione al volume, si è fatta carico delle spese di edizione e di distribuzione di questo validissimo Itinerario della memoria. Si è, direi finalmente, andati “oltre la solidarietà formale” – come hanno ben scritto Vincenzo Petruzziello e Gianni Marino, rispettivamente segretario e direttore dell’archivio storico della CGIL Avellino, – scegliendo un “impegno concreto” (pp. 12).
Una guida ai luoghi è innanzitutto uno strumento indispensabile per coloro che, come me, studiano questo tipo di eventi da un punto di vista scientifico. Su Cefalonia la documentazione archivistica e bibliografica è sterminata, e tuttavia una conoscenza approfondita dei fatti del settembre 1943 è stata finora inevitabilmente ostacolata dalla scarsa competenza nell’individuazione delle località in cui gli eventi accaddero.
Per gli storici militari la conoscenza dei luoghi è indispensabile. Il caso di Cefalonia è un modello perfetto: per fare un solo ma significativo esempio, nulla può comprendersi delle dinamiche della battaglia e della vittoria tedesca se non ci si reca nella località di Kardakata, l’altura dalla quale si dominava la baia di Argostoli ma anche la parte dell’isola sulla quale sbarcarono i rinforzi tedeschi. Quell’altura, che vista su una carta dice poco o niente, è il cuore della vicenda di Cefalonia, ed è facile accorgersene se si visita il luogo; quell’altura era in mano agli italiani fino a che una scelta improvvida del nostro comando non la regalò ai tedeschi durante le trattative precedenti alla battaglia, determinando la sorte degli sfortunati combattenti della divisione italiana.
I futuri studiosi della storia della Divisione Acqui – perché, è bene dirlo, nonostante le 140 pubblicazioni (non sempre facilmente reperibili), giustamente citate in appendice all’Itinerario, che offre così anche la prima bibliografia completa sulla resistenza e la strage di Cefalonia – hanno ora a disposizione “lo strumento” principale della loro ricerca, che è anche un incentivo a uscire dagli archivi – troppi, infatti, sono ancora convinti che bastino le carte le quali, sebbene imprescindibili, sono solo una delle fonti che uno storico deve utilizzare – e recarsi sui luoghi.
Ma un lavoro del genere non serve solo agli storici di professione. Per coloro che faranno “turismo motivato”, l’Itinerario permetterà di intendere il luogo, il territorio,
in “senso educativo, come funzione formativa della coscienza storicizzata, come strumento culturale dove paesaggio e memoria intrattengono rapporti reciprocamente costitutivi”. Il luogo diventerà “mediatore tra passato e presente”, custode “di quella memoria che dev’essere oggi presentata come serbatoio del senso e del riorientamento” (Mauro Passarin, ibidem).
L’approfondimento è necessario in quanto la memoria, se confinata nel vissuto personale del figlio, del nipote, di un caduto, rischia di trasformarsi in un processo autoreferenziale non produttivo di possibilità di conoscenza e condivisione.
La memoria che si trasforma, invece, in fondamenta per una conoscenza consapevole e trasmissibile, è una memoria utile in modo condiviso – aggettivo che si vuole e si deve usare solo in questo senso.
È una memoria che si fa base di un’identità collettiva, che racconta la guerra per insegnare la pace, che narra di genti nemiche oggi parte di una sola comunità. Come ha scritto la vicepresidentessa di Mediterraneo, nonché coautrice dell’Itinerario, a Cefalonia, “dalla brutalità della guerra” è “nato qualcosa di positivo: la solidarietà tra fratelli europei nella lotta di Liberazione” (pp. 21).
È per questo motivo che Cefalonia è non solo il luogo della memoria per eccellenza della tragedia e della gloria dell’8 settembre 1943, ma è diventata, sta diventando, il luogo della progettazione e della realizzazione di un’Europa possibile, dalle radici comuni e intrecciate, ed ormai inscindibili. Da luogo della memoria, dunque, a luogo di pace e futuro, un luogo in cui l’Europa, e con essa il Mediterraneo, è davvero unita.
Ma non finisce qui, spero. L’Itinerario è solo una prima, importantissima, tappa: perché tutto questo sia davvero possibile, l’Associazione Mediterraneo va sostenuta nel tempo. Io spero davvero che la CGIL continui nel suo impegno – è, in fondo, la prima grande istituzione che mantiene le promesse, e per questo la ringrazio – e ci aiuti a coinvolgere altri.
Guglielmo Epifani, Presidente della Fondazione Bruno Trentin, che ha scritto la prefazione dell'Itinerario della Memoria
Se davvero questa è storia comune e memoria utile da condividere, soprattutto in Europa, anche l’impegno per la salvaguardia di luogo, storia e memoria deve essere tale. Le “memorie vive” della storia di Cefalonia, i reduci, stanno man mano affievolendosi. Il luogo, tuttavia, e le tracce, restano a disposizione delle generazioni che verranno. Perché la ricerca, come ben ha scritto la presidentessa di Mediterraneo, continua.